“Se si vuole affrontare in modo efficace il valore cruciale per il Paese dell’istruzione, tema fondamentale per il futuro delle nuove generazioni, bisogna sempre avere una visione strategica. Lavorare e investire costantemente per l’inclusione e per l’innalzamento della qualità del sistema, partendo da ciò che già abbiamo oggi, in un’ottica di costante miglioramento. E allora, se entro i prossimi dieci anni ci saranno un milione di studentesse e studenti in meno, non possiamo non essere preoccupati per il calo demografico che si sta verificando nel nostro Paese, con un conseguente progressivo invecchiamento della popolazione. Ma dobbiamo anche da subito avere, per il settore Istruzione, uno sguardo lungo, riflettere nella cornice di un piano strategico, funzionale a una sempre maggiore qualità della formazione delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi e del sistema educativo”.
Così la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli in merito allo studio pubblicato dalla Fondazione Agnelli “Scuola, orizzonte 2028: evoluzione della popolazione scolastica in Italia e implicazioni per le politiche”. Dal rapporto emerge che nei prossimi dieci anni ragazze e ragazzi in età scolare, compresi tra i 3 e i 18 anni, passeranno dagli attuali 9 milioni a 8 milioni.
“Questa prospettiva non deve – sottolinea la Ministra Fedeli – comportare una riduzione drastica del numero delle cattedre, un esubero di docenti o un rallentamento del turn over. Affrontando un simile scenario con una visione strategica, i decisori politici possono e, a mio giudizio, devono continuare ad investire su quella che è l’intera filiera del sapere. Così come abbiamo fatto in questi anni. Non bisogna mai più tornare a epoche di tagli e riduzioni. Perché se è vero, come è vero, che al centro del sistema educativo ci sono le studentesse e gli studenti, una riduzione del loro numero può essere affrontata, diversamente dal passato, curvando sempre di più il sistema per rispondere alle loro esigenze e alle sfide del futuro. E questo va fatto in modo strutturale. Diminuzione del numero di alunne e alunni per classe, rafforzamento e allargamento della possibilità di scelta del tempo pieno, in alcune regioni del Paese decisamente carente, attuazione del piano per combattere la dispersione scolastica, che è la base per combattere le diseguaglianze e le altre povertà, reti territoriali per l’apprendimento permanente, favorire e sostenere l’attivazione di percorsi d’istruzione integrati sono alcuni esempi di una scuola che possiamo disegnare già oggi, consapevoli di questi scenari. Alcune scelte in questo senso sono già state compiute. Il calo di studentesse e studenti è già in atto, ma i 15 mila posti in organico di diritto in più messi nel 2017, lo sforzo per i nuovi concorsi, l’impegno profuso per il potenziamento del personale, bandi come ‘Scuole al centro’ per l’apertura degli istituti anche d’estate e gli stessi bandi Pon per contribuire a realizzare una scuola aperta, inclusiva e innovativa sono azioni messe in campo in questi ultimi anni proprio pensando al fatto che, in ogni caso, la scuola debba sempre essere potenziata, mai impoverita. La recente riforma dell’istruzione va in questa direzione. Su questa traccia bisognerà proseguire, rendendo strutturali le scelte compiute, e continuando a ragionare anche per dare risposte strategiche alle sfide che il nostro Paese si troverà ad affrontare nel prossimo decennio”.