Bilanciare la presenza di ricercatrici e ricercatori nella ricerca finanziata dal MIUR, mirare al bilanciamento di genere nella composizione dei panel incaricati della selezione dei progetti di ricerca da finanziare e formare i loro componenti sulle problematiche specifiche della valutazione di genere; dotare le università del bilancio di genere per monitorare i loro progressi verso gli obiettivi di parità; inserire, tra i parametri di valutazione degli atenei, la presenza di strutture di ricerca e di iniziative didattiche e formative sui temi di genere e introdurre a tutti i livelli regolamentari e statutari specifiche misure volte al riequilibrio delle componenti maschili e femminili in organismi, commissioni, comitati.
Sono alcune delle dieci raccomandazioni finali del documento “Indicazioni per azioni positive del MIUR sui temi di genere nell’Università e nella Ricerca”, elaborato dal Gruppo di lavoro “Genere e Ricerca” e presentato questa mattina al MIUR. A discuterne il Capo Dipartimento per la formazione superiore e la ricerca Marco Mancini, la coordinatrice del Gruppo di lavoro “Genere e Ricerca” Elisabetta Addis, la Presidente del CUN (Consiglio Universitario Nazionale) Carla Barbati, il Presidente della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) Gaetano Manfredi, il Presidente dell’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) Paolo Miccoli, la Presidente del CNSU (Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari) Anna Azzalin e il Presidente del COPER (Conferenza dei Presidenti degli Enti pubblici di ricerca) Massimo Inguscio.
Le raccomandazioni, contenute nella parte finale del documento, sollecitano le università e gli enti di ricerca vigilati dal MIUR anche a incentivare la creazione e l’utilizzo di variabili e dati disaggregati per sesso nell’ambito della ricerca e dell’istruzione e nei campioni utilizzati per gli studi scientifici, a includere il genere come contenuto trasversale, a creare appositi repertori di esperte ed esperti in queste tematiche che formino i valutatori dei panel incaricati della selezione dei progetti di ricerca da finanziare, a introdurre le specificità di genere nella declaratoria dei raggruppamenti disciplinari universitari e a monitorare l’attuazione del Piano Lauree Scientifiche 2017-2018 anche nell’ottica dell’orientamento delle studentesse verso le discipline STEM.
Il documento parte dalla considerazione dell’esistenza di una discriminazione di genere nel mondo professionale e del lavoro che può essere di tipo orizzontale (la distribuzione delle donne e degli uomini all’interno delle varie discipline), verticale (la distribuzione rispetto alla gerarchia dei ruoli) e territoriale, perché la presenza femminile in determinati ambiti lavorativi o una maggiore presenza di donne in ruoli apicali varia anche rispetto alla nazione o alla regione.
“A fronte di questa situazione – ha osservato la Ministra Valeria Fedeli nel messaggio di saluto inviato ai relatori - il documento presentato oggi mette chiaramente in evidenza come essa dipenda dalla persistenza di varie forme di discriminazione, ma anche da fattori esterni alle istituzioni di ricerca, come la difficile conciliazione vita/lavoro e sottolinea come la diseguaglianza determini una perdita di talenti, di saperi, di valore nella ricerca e nell’insegnamento universitario. Per superare questa situazione e raggiungere dunque l’obiettivo della parità di genere, occorre agire contemporaneamente sia sulla presenza di entrambi di sessi nei gruppi di ricerca e nei vari livelli decisionali, sia sulla presenza della dimensione dei genere dei contenuti della ricerca. La parità di genere – ha proseguito Fedeli - è un diritto fondamentale, un principio sancito dalla nostra Costituzione, un obiettivo centrale dell’Agenda 2030 e una condizione necessaria per il conseguimento degli obiettivi UE in materia di crescita, occupazione e coesione sociale. Per raggiungerla nell’ambito dell’università e della ricerca è indispensabile intervenire su almeno due livelli. Il primo è il superamento degli stereotipi di genere nell’istruzione, nella formazione e nella cultura, che inducono donne e uomini a seguire percorsi educativi e formativi diversi, spesso portando le donne a posti di lavoro meno valutati e remunerati. Il secondo livello riguarda la necessità di promuovere le carriere delle donne nel mondo accademico e della ricerca, forti anche della consapevolezza che la partecipazione femminile in ambiti dove le donne sono attualmente sottorappresentate, come quelli scientifici e tecnologici, può contribuire ad aumentare l’innovazione, la qualità e la competitività della ricerca scientifica e industriale. Il documento rappresenta uno sforzo importante in questa direzione, che amplia e integra quello rivolto al mondo della scuola nel perseguimento della parità tra donne e uomini”.
“La valorizzazione delle competenze femminili è una questione che interessa l’intero sistema paese e il suo tessuto produttivo – ha concluso la Ministra - che deve potersi avvantaggiare dell’avanzamento della conoscenza, dell’arricchimento intellettuale, del guadagno economico-culturale che ci attendiamo dal perseguimento della parità in tutti gli ambiti”.